Sanguinamento post-pancreasectomia

Il sanguinamento acuto successivo a intervento di resezione pancreatica si verifica nel 5-7% dei casi, indipendentemente dal tipo di intervento eseguito e con ampio spettro di presentazione clinica. Il Gruppo di Studio Internazionale di Chirurgia Pancreatica (ISGPS, che ha tra i membri il centro di Verona), ha delineato una definizione di questa complicanza basata su tre parametri:

  • Il periodo di comparsa (precoce/tardivo)
  • La sede (intraluminale/extraluminale)
  • La severità clinica (lieve/severo)

Indipendentemente dal periodo di comparsa, dalla sede e dall’iniziale severità, tutti i pazienti con sospetto sanguinamento post-operatorio necessitano di un attento monitoraggio clinico-strumentale. Saranno monitorate regolarmente le condizioni cliniche del paziente, i parametri vitali, la diuresi, l’andamento degli esami di laboratorio (emocromo, coagulazione). Può essere necessario eseguire in urgenza una TAC con mezzo di contrasto per dimostrare la fonte del sanguinamento e/o raccolte di natura ematica. Anche il trattamento, se necessario, è di solito di natura urgente. 

Il sanguinamento precoce (entro 24 ore dall’intervento) è solitamente dovuto a una perdita (venosa o arteriosa) a livello del letto chirurgico o dell’anastomosi pancreatica, si evidenzia dai drenaggi addominali normalmente posizionati durante l’intervento o dal sondino naso-gastrico. Può essere sufficiente eseguire trasfusioni di sangue o ritornare in sala operatoria per perfezionare l’emostasi. Solitamente il reintervento entro le prime 24 ore non modifica significativamente la degenza postoperatoria.

Il sanguinamento tardivo può presentarsi in qualsiasi momento, anche dopo diversi giorni o settimane dall’intervento. Dipende nella maggior parte dei casi dalla presenza di altre complicanze addominali (ascessi/raccolte da fistola pancreatica o fistola biliare) che provocano erosione di un vaso o la formazione di uno pseudoaneurisma che in un secondo momento si lacera. E’ un tipo di emorragia tipicamente subdola, e può essere preceduto da sanguinamenti di scarsa entità (definiti “sentinella”). L’evento può essere risolto tramite embolizzazione (chiusura con piccole spirali metalliche) della fonte di sanguinamento per via angiografica o mediante re-intervento chirurgico. L’endoscopia ha un ruolo in caso di sanguinamenti intraluminali (vedi in seguito). L’emorragia grave tardiva è un’evenienza estremamente seria con tassi di mortalità non trascurabili (15-20%).

Il sanguinamento intraluminale si verifica all’interno del tubo digerente. La principale area “a rischio” è – dopo duodenocefalopancreasectomia o pancreasectomia intermedia – la regione dell’anastomosi pancreatica (sia con il digiuno sia con lo stomaco). La ricca vascolarizzazione del pancreas e l’infiammazione locale possono generare infatti sanguinamenti a livello dei piccoli vasi sulla trancia di resezione. Un’altra regione a rischio per sanguinamento intraluminale è l’anastomosi gastro-digiunale o duodeno-digiunale, a livello della linea di sutura o in corrispondenza di piccole ulcere che possono formarsi in vicinanza dell’anastomosi stessa. La manifestazione caratteristica dei sanguinamenti intraluminali è la presenza di materiale ematico nel sondino naso-gastrico (se ancora in sede), di ematemesi (vomito di materiale ematico) o di melena (feci nerastre da sangue digerito). La terapia è endoscopica per i sanguinamenti dalla anastomosi digestiva; per i sanguinamenti dalla anastomosi pancreatica può essere necessaria la terapia chirurgica.

Il sanguinamento extaluminale si verifica all’interno della cavità addominale, e origina da vasi arteriosi o venosi nell’area di resezione chirurgica, specialmente da vene tributarie della porta e della mesenterica superiore a livello della lamina retroperitoneale. Come già riportato, sanguinamenti tardivi extraluminali possono dipendere da erosioni vascolari o lacerazione di pseudoaneurismi in pazienti con fistola pancreatica e raccolte intra-addominali. Il segno tipico dei sanguinamenti extraluminali è la presenza di materiale ematico dai drenaggi addominali, se ancora in sede. Il trattamento è chirurgico o angiografico, in relazione alla presentazione (precoce/tardiva) e al singolo caso.

Il sanguinamento è definito lieve per perdita di emoglobina <3 g/dL, necessità di emotrasfusione non superiore alle 3 unità, e  assenza di trattamenti invasivi. E’ definito invece severo per perdita di emoglobina >3 g/dL, alterazioni dell’emodinamica sino allo shock emorragico (tachicardia, ipotensione, contrazione della diuresi, perdita di coscienza), necessità di trattamenti invasivi (endoscopici, angiografici, chirurgici).

Il sanguinamento post-pancreasectomia resta una complicanza delicata che richiede almeno un attento monitoraggio clinico. Il trattamento necessita di una equipe multidisciplinare esperta con pronta reperibilità in caso di urgenza, per garantire le maggiori probabilità di immediato successo terapeutico.

 

Per approfondire:

Wente MN, et al. Surgery 2007;142:20-25.