Neoplasia localmente avanzata

Le neoplasia neuroendocrine del pancreas si definiscono localmente avanzate quando sono estese a organi contigui o ai vasi peripancreatici, ma non hanno dato metastasi a distanza. Se in questi casi è tecnicamente possibile una resezione potenzialmente curativa (cioè senza residuo macroscopico di malattia), è giustificato un approccio chirurgico aggressivo. Sembra infatti che pazienti con lesioni localmente avanzate asportate radicalmente e con margini di resezione liberi da malattia, abbiano un beneficio in termini di sopravvivenza.

Gli interventi chirurgici di scelta sono la duodenocefalopancreasectomia per le neoplasie della testa, del duodeno e della regione periampollare; la pancreasectomia sinistra con splenectomia nelle lesioni del corpo-coda; la pancreasectomia totale nelle lesioni multifocali o con trance di resezione positive per neoplasia. Tutti gli interventi devono essere completati con adeguata linfoadenectomia, e – se necessario – sono giustificate resezioni vascolari o multiviscerali (ad esempio resezioni gastriche, coliche, renali, surrenali). Nell’ambito delle resezioni vascolari, il ruolo delle resezioni arteriose è molto dibattuto. L’infiltrazione del tripode celiaco potrebbe non rappresentare – in casi selezionati – una controindicazione assoluta alla resezione con legatura del tripode stesso, sebbene tale intervento sia gravato da un tasso di complicanze postoperatorie molto elevato. 

Attualmente non esistono dati a supporto della chirurgia citoriduttiva (resezione parziale o R2 della neoplasia, lasciando in sede residuo macroscopico). Una resezione parziale della massa espone il paziente a un alto rischio di sanguinamento e di disseminazione delle cellule tumorali a livello peritoneale, senza alcuna garanzia di vantaggio in termini di sopravvivenza. 

In paziente altamente selezionati con neoplasia localmente avanzata è stata sperimentata con buoni risultati una strategia con radioterapia recettoriale (PRRT, Peptide Receptor Radionuclide Therapy o radioterapia metabolica) a scopo di downstaging, cioè di riduzione volumetrica della lesione primitiva. La radioterapia recettoriale è una tecnica di recente introduzione, utilizzata particolarmente per il trattamento delle metastasi epatiche, che sfrutta il legame di analoghi sintetici della somatostatina coniugati a radioisotopi con i recettori per la somatostatina espressi dal tumore, in modo tale da concentrare selettivamente la radiotossicità all’interno delle cellule neoplastiche. I radioisotopi più utilizzati sono L’ittrio-90 (nella forma 90Y-DOTA-TOC) e il Lutezio-177 (nella forma 177Lu-DOTA-TATE). Condizione necessaria per la radioterapia recettoriale è che le metastasi esprimano i recettori per la somatostatina (siano captanti all’OCTREOSCAN™ o alla PET con 68-Ga-DOTA-TATE). I risultati dell’approccio con radioterapia recettoriale a scopo di downstaging, sebbene incoraggianti, sono preliminari e derivano da casistiche numericamente molto limitate.