Adenocarcinoma della via biliare – Tecniche diagnostiche e stadiazione

Le neoplasie maligne della via biliare principale si manifestano nella maggior parte dei casi con ittero istruttivo. L’indagine radiologica più eseguita sul territorio per lo studio delle vie biliari è l’ecografia dell’addome. Sebbene l’ecografia visualizzi bene l’eventuale dilatazione della via biliare extra-epatica e delle vie biliari intra-epatiche, è tuttavia poco accurata nella caratterizzazione della morfologia della stenosi neoplastica e nella visualizzazione del tumore primitivo, che può non formare massa e crescere piuttosto lungo le pareti via biliare stessa.

Se l’ittero è severo e i valori di bilirubinemia elevati, spesso necessario posizionare uno stent biliare (una protesi tubolare in plastica o metallica) che favorisca il normale deflusso della bile in duodeno. Il posizionamento dello stent biliare è eseguito per via endoscopica, durante un esame chiamato ERCP (colangiopancreatografia retrograda endoscopica). Questo esame è costituito da:

  • una prima fase diagnostica, in cui si incannula la papilla di Vater con un piccolo tubo e si inietta del mezzo di contrasto nelle vie biliari, per visualizzare la sede, l’entità e la morfologia della stenosi;
  • una seconda fase operativa, in cui si procede a sezione dello sfintere papillare (papillosfinterotomia) e a inserimento della protesi biliare a cavallo della stenosi neoplastica.

Durante una ERCP possono essere eseguite biopsie per spazzolamento (brushing) della via biliare. L’accuratezza diagnostica delle biopsie per brushing non è tuttavia elevata. Sebbene sicura, l’ERCP è una procedura invasiva associata a complicanze specifiche, la principale delle quali è la pancreatite acuta. La procedura operativa (il posizionamento di protesi biliare) è fattibile e ha un elevato tasso di successo in un elevato numero di casi. Tuttavia in alcuni pazienti lo stenting biliare può fallire per situazioni anatomiche particolari o addirittura per impossibilità si incannulare la papilla di Vater. La procedura può essere ripetuta, ma in caso di ulteriore insuccesso sarà necessario procedere a un drenaggio biliare per puntura percutanea del fegato (PTBD). Si posiziona un piccolo drenaggio tubulare con ingresso al fianco destro che, attraverso il fegato raggiunge la via biliare e la percorre sino al duodeno valicando la stenosi.   

Il reperto di una lesione solida delle vie biliari o di ittero con dilatazione delle vie biliari richiede inoltre esami di secondo livello per confermare il sospetto diagnostico ed eventualmente per stadiare la malattia, cioè avere una stima:

  • delle dimensioni della neoplasia
  • del coinvolgimento di strutture adiacenti
  • del coinvolgimento di linfonodi regionali e a distanza
  • della presenza di metastasi a distanza (specialmente al fegato).

Le indagini di secondo livello utili per la diagnosi e la stadiazione dei tumori della via biliare sono simili a quelle già trattate per l’adeocarcinoma duttale, e sono riassunte in questa sezione. Sarà compito dello specialista scegliere gli esami più adatti al singolo caso clinico.

  • Tomografia Computerizzata con mezzo di contrasto (TC). E’ una metodica di diagnostica per immagini largamente utilizzata nella pratica clinica che sfrutta radiazioni ionizzanti e consente di riprodurre sezioni o strati corporei del paziente ed effettuare elaborazioni tridimensionali. Permette lo studio morfologico della neoplasia e una valutazione dettagliata dei tessuti, organi e vasi che si trovano intorno alla via biliare e alla testa del pancreas. Visualizza con buona precisione linfonodi regionali e a distanza, ed è molto accurata nello studio del fegato e di eventuali lesioni a suo carico.
  • Risonanza Magnetica con mezzo di contrasto. E’ una metodica molto utilizzata per lo studio delle vie biliari, grazie a specifiche sequenze dette di colangiopancreatografia. Queste sequenze, ottenute attraverso speciali algoritmi, permettono la visualizzazione in negativo dell’albero biliare intra- ed extra-epatico e la caratterizzazione morfologica di masse/stenosi biliari, specialmente in accoppiamento con le altre componenti dell’esame. 
  • Ecografia con mezzo di contrasto. E’una nuova metodica che utilizza un particolare mezzo di contrasto per aumentare le capacità diagnostiche dell’ ecografia addominale standard. Permette una visualizzazione dinamica delle caratteristiche contrastografiche della neoplasia e dei suoi rapporti con i vasi arteriosi e venosi attorno alla zona ampollare (che possono anche essere esplorati con studio color-doppler). La metodica è anche accurata per la valutazione del fegato e di eventuali lesioni a suo carico. 
  • Ecoendoscopia. L’ecoendoscopia è una metodica endoscopica (come la gastroscopia o la colonscopia), che associa alla visione diretta ottenuta con sonde flessibili munite di ottica, la visione ecografica. Un ecografo miniaturizzato è, infatti, collocato sulla punta dello strumento. Un vantaggio dell’eco-endoscopia è che la sonda ecografica può lavorare direttamente a contatto con la regione periampollare, risultando particolarmente utile per le neoplasie che coinvolgono l’ultimo tratto della via biliare. E’ inoltre possibile, attraverso un ago retrattile, pungere direttamente o indirettamente, per via trans-duodenale o trans-gastrica, la neoplasia e prelevare un campione di cellule per l’esame citologico. 
  • Tomografia a emissione di positroni (PET). E’ un’indagine diagnostica combinata (medico-nucleare/radiologica) che identifica la presenza di aree ad alta attività metabolica (come i tumori) in cui si concentra una sostanza radioattiva (normalmente il 18-fluorodesossiglucosio) che viene somministrata prima dell’esame. L’accoppiamento con la tomografia computerizzata (TC) permette di ottenere, nello stesso esame, immagini anatomiche per la localizzazione delle aree ipermetaboliche. La PET/TC ha ormai un ottimo potere di visualizzazione della lesioni tumorali primitive e di eventuali metastasi epatiche. 

Sebbene la risoluzione spaziale delle moderne indagini radiologiche sia molto elevata (2-3 mm), potrebbe essere difficile distinguere un colangiocarcinoma della via biliare intrapancreatica da un adenocarcinoma duttale del pancreas. Spesso l’adenocarcinoma duttale del pancreas infiltra diffusamente la via biliare principale, rendendo impossibile stabilire l’origine della neoplasia. Poichè la terapia delle due forme neoplastiche è la medesima, l’incertezza diagnostica non condiziona il trattamento. 

A completamento diagnostico, lo specialista richiederà il dosaggio del marcatore tumorale Ca 19.9 nel sangue. Nonostante la maggior parte dei pazienti con un tumore di tipo pancreato-biliare presenti livelli elevati di Ca 19.9, la rilevanza diagnostica di questo test non è molto specifica. Il Ca 19.9 può infatti risultare elevato in molte altre patologie non-neoplastiche (malattie polmonari, tiroidee e del colon) e in caso di ittero. Insieme ad altri parametri clinici e radiologici, il Ca 19.9 può tuttavia aiutare lo specialista nella determinazione dell’aggressività di malattia e nella decisione terapeutica, anche se la più importante applicazione del dosaggio di questo marcatore riguarda la risposta alla chemioterapia e la diagnosi di recidiva di malattia dopo intervento chirurgico.  

Una volta ottenute le informazioni cliniche e di laboratorio, e ottenuta dalla radiologia una caratterizzazione morfologica della neoplasia (dimensioni, rapporti con le strutture vascolari, stato dei linfonodi regionali ed eventuale presenza di metastasi a distanza) lo specialista formula una diagnosi clinico-radiologica, e attribuisce alla neoplasia (in base al sospetto diagnostico di natura) uno stadio in base al sistema TNM (tumore/(linfo)nodi/metastasi), proposto dall’American Joint Commitee on Cancer (AJCC, www.cancerstaging.org).

Lo stadio di malattia sarà confermato all’esame istopatologico in caso di intervento chirurgico di resezione e di biopsia chirurgica. Gli stadi di malattia sono quattro, in alcuni casi divisi in sotto-stadi. Per le neoplasie delle vie biliari extraepatiche è attualmente in uso il seguente schema (settima edizione AJCC, 2010): 

  • Stadio 0: La neoplasia è confinata allo strato più superficiale dell’epitelio biliare.  
  • Stadio IA: La neoplasia è confinata nello spessore della via biliare.
  • Stadio IB: La neoplasia si estende oltre la via biliare ma non coinvolge linfonodi regionali e non ha dato metastasi a distanza.
  • Stadio IIA: La neoplasia si estende a organi adiacenti (fegato, colecisti, pancreas) ma non coinvolge linfonodi regionali e non ha dato metastasi a distanza. 
  • Stadio IIB: La neoplasia, che sia estesa o no a organi adiacenti (fegato, colecisti, pancreas) ma coinvolge linfonodi regionali, senza metastasi a distanza. 
  • Stadio III: La neoplasia ha coinvolto strutture vascolari maggiori, con o senza coinvolgimento dei linfonodi regionali, senza metastasi a distanza. 
  • Stadio IV: La neoplasia ha dato metastasi a distanza.

La terapia del colangiocarcinoma extraepatico dipende dallo stadio di malattia e dalle condizioni generali del paziente. In base alla stadiazione clinico-radiologica, lo specialista proporrà il piano di terapia più idoneo. Schematicamente, lo stadio di malattia permette di separare tre classi di neoplasia:

  • Neoplasia resecabile
  • Neoplasia localmente avanzata
  • Neoplasia metastatica

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