Adenocarcinoma dell’ampolla di Vater

I carcinomi della papilla di Vater insorgono nel complesso ampollare. L’epicentro della neoplasia è sito nel lume o nelle pareti della componente ampollare del dotto pancreatico principale o della via biliare intrapancreatica, o nella mucosa che riveste l’orifizio papillare in duodeno e dall’epitelio transizionale che tappezza le pareti della papilla stessa.

Come già trattato nella sezione generale sulle neoplasie periampollari, i carcinomi della papilla di Vater possono essere classificati sulla base delle caratteristiche istopatologiche e molecolari in almeno due sottotipi, il sottotipo intestinale (che origina dalla componente epiteliale duodenale) e il sottotipo pancreatobiliare (che origina componente epiteliale dell’ultima porzione del dotto pancreatico e della via biliare). Recenti ricerche hanno dimostrato che i due principali sottotipi sono anche differenti dal punto di vista della prognosi, più favorevole nelle neoplasie di tipo intestinale.

Gli adenocarcinomi della papilla sono nella maggior parte dei casi diagnosticati in fase precoce, perchè sviluppandosi in stretta prossimità dello sbocco del dotto pancreatico e della via biliare principale, disturbi digestivi aspecifici, ittero ostruttivo o episodi di pancreatite acuta insorgono anche per neoplasie di piccole dimensioni.

Spesso, per visualizzare tumefazioni papillari, è sufficiente una esofagogastroduodenoscopia (EGDS). Si tratta di una metodica che permette l’esplorazione del primo tratto del tubo digerente attraverso l’utilizzo di un endoscopio flessibile. E’ possibile eseguire biopsie durante la procedura.

Se è presente ittero ostruttivo, è spesso necessario posizionare uno stent biliare (una protesi tubolare in plastica o metallica) che favorisca il normale deflusso della bile in duodeno. Il posizionamento dello stent biliare è eseguito per via endoscopica, durante un esame chiamato ERCP (colangiopancreatografia retrograda endoscopica). Questo esame è costituito da:

  • una prima fase diagnostica, in cui si incannula la papilla di Vater con un piccolo tubo e si inietta del mezzo di contrasto, per visualizzare la sede, l’entità e la morfologia della stenosi
  • una seconda fase operativa, in cui si procede a sezione dello sfintere papillare (papillosfinterotomia) e a inserimento della protesi biliare a cavallo della stenosi neoplastica.

Anche durante una ERCP possono essere eseguite biopsie della neoplasia, o possono essere eseguite biopsie per spazzolamento (brushing) dell’ultimo tratto della via biliare. L’accuratezza diagnostica delle biopsie per brushing non è tuttavia elevata. Sebbene sicura, l’ERCP è una procedura invasiva associata a complicanze specifiche, la principale delle quali è la pancreatite acuta. La procedura operativa (il posizionamento di protesi biliare) è fattibile e ha un elevato tasso di successo in un elevato numero di casi. Tuttavia in alcuni pazienti lo stenting biliare può fallire per situazioni anatomiche particolari o addirittura per impossibilità si incannulare la papilla di Vater. La procedura può essere ripetuta, ma in caso di ulteriore insuccesso sarà necessario procedere a un drenaggio biliare per puntura percutanea del fegato (PTBD). Si posiziona un piccolo drenaggio tubulare con ingresso al fianco destro che, attraverso il fegato raggiunge la via biliare e la percorre sino al duodeno valicando la stenosi.    

Un’altra metodica diagnostica di nuova introduzione è l’ecoendoscopia, che associa alla visione diretta ottenuta con sonde flessibili munite di ottica, la visione ecografica. Un ecografo miniaturizzato è, infatti, collocato sulla punta dello strumento. Un vantaggio dell’eco-endoscopia è che la sonda ecografica può lavorare direttamente a contatto dell’ampolla di Vater e quindi con la lesione da studiare, fornendo immagini molto dettagliate e precise. E’ inoltre possibile, attraverso un ago retrattile, pungere direttamente o indirettamente, per via trans-duodenale o trans-gastrica, la neoplasia e prelevare un campione di cellule per l’esame citologico. 

Le indagini di secondo livello utili per la diagnosi e la stadiazione degli adenocarcinomi della papilla di Vater sono simili a quelle già trattate per l’adeocarcinoma duttale del pancreas. Sarà compito dello specialista scegliere gli esami più adatti al singolo caso clinico.

  • Tomografia Computerizzata con mezzo di contrasto (TC). E’ una metodica di diagnostica per immagini largamente utilizzata nella pratica clinica che sfrutta radiazioni ionizzanti e consente di riprodurre sezioni o strati corporei del paziente ed effettuare elaborazioni tridimensionali. Permette lo studio morfologico della neoplasia e una valutazione dettagliata dei tessuti, organi e vasi che si trovano intorno alla papilla di Vater. Visualizza con buona precisione linfonodi regionali e a distanza, ed è molto accurata nello studio del fegato e di eventuali lesioni a suo carico.
  • Risonanza Magnetica con mezzo di contrasto. E’ una metodica molto utilizzata per lo studio delle vie biliari, grazie a specifiche sequenze dette di colangiopancreatografia. Queste sequenze, ottenute attraverso speciali algoritmi, permettono la visualizzazione in negativo dell’albero biliare intra- ed extra-epatico e la caratterizzazione morfologica di masse/stenosi a carico del tratto papillare della via biliare o del dotto pancreatico principale. 
  • Ecografia con mezzo di contrasto. E’una nuova metodica che utilizza un particolare mezzo di contrasto per aumentare le capacità diagnostiche dell’ ecografia addominale standard. Permette una visualizzazione dinamica delle caratteristiche contrastografiche della neoplasia e dei suoi rapporti con le strutture periampollari. La metodica è anche accurata per la valutazione del fegato e di eventuali lesioni a suo carico. 

A completamento diagnostico, lo specialista richiederà il dosaggio del marcatore tumorale Ca 19.9 e del CEA nel sangue. Nonostante la maggior parte dei pazienti con un tumore di tipo pancreatobiliare presenti livelli elevati di Ca 19.9, la rilevanza diagnostica di questo test non è molto specifica. Il Ca 19.9 può infatti risultare elevato in molte altre patologie non-neoplastiche (malattie polmonari, tiroidee e del colon) e in caso di ittero. Insieme ad altri parametri clinici e radiologici, il Ca 19.9 può tuttavia aiutare lo specialista nella determinazione dell’aggressività di malattia e nella decisione terapeutica, anche se la più importante applicazione del dosaggio di questo marcatore riguarda la risposta alla chemioterapia e la diagnosi di recidiva di malattia dopo intervento chirurgico.  

Una volta ottenute le informazioni cliniche e di laboratorio, e ottenuta dalla radiologia una caratterizzazione morfologica della neoplasia (dimensioni, rapporti con le strutture vascolari, stato dei linfonodi regionali ed eventuale presenza di metastasi a distanza) lo specialista formula una diagnosi clinico-radiologica, e attribuisce alla neoplasia (in base al sospetto diagnostico di natura) uno stadio in base al sistema TNM (tumore/(linfo)nodi/metastasi), proposto dall’American Joint Commitee on Cancer (AJCC, www.cancerstaging.org)

La maggior parte degli adenocarcinomi dell’ampolla di Vater è resecabile con intento radicale, a causa della frequente diagnosi in stadio precoce e della relativa lontananza dell’ampolla stessa dai vasi mesenterici superiori (l’infiltrazione dell’arteria configura una neoplasia localmente avanzata). L’intervento di scelta è la duodenocefalopancreasectomia. Dopo l’intervento è indicata l’esecuzione di terapia adiuvante. Lo schema di farmaci sarà stabilito dal team oncologico, anche in base al sottotipo di neoplasia ampollare. Gli adenocarcinomi di tipo pancreatobiliare  e intestinale hanno infatti un pattern di risposta differente ai chemioterapici in uso. La terapia della neoplasia localmente avanzata è simile a quella dell’adenocarcinoma duttale e del colangiocarcinoma distale.

Nell’eventualità di una neoplasia metastatica (la sede più comune è il fegato) l’intervento chirurgico è generalmente controindicato. Il paziente è riferito allo specialista Oncologo per l’eventuale esecuzione di un trattamento chemioterapico. Sarà compito del team oncologico valutare l’opportunità del trattamento e scegliere il regime di farmaci più adatto al singolo caso. Verranno inoltre associate tutte le cure supportive di cui il paziente dovesse avere bisogno.    

I pazienti seguiranno nel tempo un costante protocollo follow-up clinico e radiologico, a cura del nostro centro e del centro oncologico di fiducia.